Malattie prevenibili da vaccino

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La prevenzione e sorveglianza delle malattie infettive è un obiettivo perseguibile grazie ad una rete di collaborazioni ed alleanze tra medici del territorio, ospedalieri e vaccinatori delle ASST e l’equipe di medici, assistenti sanitari e infermieri dell’ATS.

Provvedimenti adottati sul CASO

  • indagine epidemiologica;
  • informazione norme comportamentali igienico-sanitarie (lavaggio mani, igiene oggetti ed indumenti, preparazione e somministrazione alimenti, precauzioni ambienti di vita collettiva: lavoro, scuola, sport, collettività); 
  • isolamento nella fase contagiosa (respiratorio, enterico, ematico, da contatto); 
  • ulteriori accertamenti; 
  • allontanamento dalla collettività; 
  • sorveglianza sanitaria.

Provvedimenti sui CONTATTI

  • fornire tutte le informazioni di carattere preventivo ritenute utili, mediante colloqui singoli e/o collettivi; 
  • comunicare agli interessati l’eventuale necessità di sottoporsi ad ulteriori accertamenti sanitari, attivando i percorsi preferenziali in uso e usufruendo delle convenzioni in vigore; 
  • provvedere alla prescrizione, consegna e/o somministrazione di farmaci per chemioprofilassi ai soggetti individuati in base alle specifiche istruzioni operative; 
  • proporre la profilassi vaccinale post-esposizione o in quanto indicata per patologia cronica ai contatti suscettibili (non immuni); 
  • attuare la sorveglianza sanitaria. 

L’ECDC incoraggia le autorità di sanità pubblica a mettere in atto le seguenti attività prioritarie: 

  1. raggiungere e mantenere un'elevata copertura vaccinale nella popolazione (≥95% per due dosi); 
  2. identificare le popolazioni suscettibili e fornire loro delle opportunità di vaccinazione (incluso durante altre occasioni di contatto con il sistema sanitario); 
  3. mantenere una sorveglianza di alta qualità e un'adeguata capacità di sanità pubblica, per individuare tempestivamente i casi sospetti, prevenire l’ulteriore trasmissione dell’infezione e facilitare il controllo delle epidemie; sensibilizzare gli operatori sanitari sull’importanza di diagnosticare tempestivamente i casi; identificare i fattori che determinano coperture vaccinali non ottimali e mettere in atto degli interventi su misura incluse iniziative di comunicazione del rischio, di formazione degli operatori sanitari; 
  4. interventi per migliorare l’accesso alle vaccinazioni.

La difterite è un'infezione acuta provocata dal batterio Corynebacterium diphtheriae, che rilascia una tossina capace di danneggiare o distruggere organi e tessuti una volta entrato nell'organismo. Gli organi colpiti dipendono dal tipo di batterio: il più comune interessa gola, naso e talvolta tonsille, mentre una variante presente principalmente nelle zone tropicali provoca ulcere cutanee. Più raramente, può colpire la vagina o la congiuntiva.
Può infettare persone di tutte le età, ma colpisce soprattutto i bambini non vaccinati. Nei Paesi a clima temperato, si diffonde maggiormente durante i mesi invernali.

Modalità di trasmissione
La trasmissione avviene per contatto diretto con una persona infetta o, meno frequentemente, con oggetti contaminati da secrezioni delle lesioni di un paziente. In passato, anche il latte non pastorizzato era un veicolo di infezione.

Segni e sintomi
Il periodo di incubazione varia dai 2 ai 5 giorni.
Se l'infezione riguarda l'apparato orofaringeo, i primi sintomi includono mal di gola, perdita dell'appetito e febbricola, progredendo fino a un gonfiore del collo e ostruzione delle vie respiratorie.
Entro due o tre giorni, si forma una caratteristica membrana grigiastra sulle tonsille e sulla gola, con margini infiammati che possono sanguinare e diventare verdastri o neri.
La malattia ha generalmente un decorso benigno, ma possono insorgere complicanze cardiache gravi come aritmie, miocardite e insufficienza cardiaca progressiva.

Trattamento e prevenzione
Il trattamento iniziale prevede l'isolamento del paziente per prevenire ulteriori contagi e l'immediata somministrazione di antitossina e antibiotici, rendendo il soggetto non contagioso dopo 48 ore di terapia. La vaccinazione rimane la strategia di prevenzione più efficace.

Per saperne di più consulta la pagina "Vaccinazioni" del sito di ATS Val Padana.

Condizione grave che può provocare infezioni potenzialmente letali, come meningite e polmonite, in particolare nei bambini piccoli, negli anziani e nelle persone con un sistema immunitario compromesso. 

Modalità di trasmissione 
Si trasmette principalmente attraverso le goccioline respiratorie rilasciate durante la tosse, gli starnuti o il semplice parlare di una persona infetta. Il batterio può colonizzare le vie aeree superiori senza causare sintomi, rendendo possibili casi di trasmissione da portatori asintomatici. Le persone più a rischio di infezione sono i bambini non vaccinati, gli anziani, e coloro che vivono in ambienti chiusi o sovraffollati, come le strutture per la cura degli anziani o le comunità di rifugiati. 

Segni e sintomi 
Può presentarsi con una varietà di quadri clinici, in base all'organo interessato. Tra le manifestazioni più comuni troviamo:

  • Meningite, con febbre alta, cefalea, rigidità del collo, nausea, vomito, convulsioni e alterazioni dello stato mentale. 
  • Polmonite, con difficoltà respiratorie, tosse produttiva, febbre, e dolore toracico. 
  • Epiglottite, con sintomi come difficoltà a deglutire, voce soffocata e rischio di ostruzione delle vie aeree. 
  • Sepsi, con febbre, ipotensione, tachicardia e, nei casi gravi, shock settico, che può rapidamente evolvere in insufficienza multiorgano, che richiedono un intervento medico urgente, poiché la progressione dell'infezione può essere rapida e letale, soprattutto nei pazienti più vulnerabili. 

Trattamento 
Il trattamento si basa sulla somministrazione immediata di antibiotici per via endovenosa. Nei casi più gravi, può essere necessario il ricovero in terapia intensiva per il supporto delle funzioni vitali. La resistenza agli antibiotici, pur meno comune rispetto ad altri patogeni, può rappresentare una sfida nel trattamento, rendendo necessaria la scelta di antibiotici appropriati in base ai test di sensibilità batterica. 

Prevenzione 
La vaccinazione è la misura più efficace per prevenire la malattia. Oltre alla vaccinazione, altre misure preventive includono il controllo delle infezioni attraverso il lavaggio delle mani e l'isolamento dei pazienti infetti, specialmente in contesti di comunità o istituzioni sanitarie. In alcuni casi, dopo l’esposizione al batterio, può essere raccomandata la profilassi antibiotica per i contatti stretti, per prevenire lo sviluppo della malattia.

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Il meningococco è un batterio appartenente alla specie “Neisseria meningitidis”, responsabile di gravi patologie come la meningite batterica e la sepsi meningococcica. Queste infezioni possono avere un decorso rapido e potenzialmente fatale se non trattate tempestivamente, richiedendo pertanto un'attenzione clinica immediata. 

Modalità di trasmissione 
Si trasmette principalmente attraverso le goccioline respiratorie emesse durante il contatto ravvicinato con una persona infetta o portatrice. Tosse, starnuti, baci e la condivisione di oggetti personali, come posate o bicchieri, sono tra i veicoli di trasmissione più comuni. Le comunità chiuse o sovraffollate, come dormitori studenteschi, caserme e asili, rappresentano ambienti ad alto rischio di diffusione. Nonostante molte persone possano essere portatrici asintomatiche del batterio, solo una piccola percentuale sviluppa malattie invasive. 

Segni e sintomi 
Le infezioni da meningococco si manifestano con sintomi che possono evolvere rapidamente. Tra i segni clinici più comuni della meningite meningococcica figurano febbre elevata, cefalea intensa, rigidità nucale, nausea, vomito, fotofobia (sensibilità alla luce) e alterazioni dello stato mentale, come confusione o sonnolenza. Nei casi di sepsi meningococcica, possono comparire eruzioni cutanee petecchiali o porpora, segno di una compromissione del sistema vascolare. L’evoluzione può essere fulminante, rendendo necessaria un’identificazione precoce per evitare esiti sfavorevoli. 

Trattamento 
Il trattamento dell'infezione meningococcica richiede l’immediata somministrazione di antibiotici ad ampio spettro. In situazioni critiche, può essere necessario il ricovero in terapia intensiva per monitorare e supportare le funzioni vitali, in particolare nel caso di sepsi grave. Un trattamento rapido può migliorare significativamente la prognosi, riducendo il rischio di complicanze a lungo termine, come danni neurologici o perdita dell’udito. 

Prevenzione 
La strategia più efficace per prevenire l'infezione meningococcica è la vaccinazione. Esistono diversi vaccini disponibili che proteggono contro i principali sierogruppi del meningococco, tra cui A, C, W, Y e B, responsabili della maggior parte delle infezioni gravi. Oltre alla vaccinazione, è importante adottare misure igieniche preventive, come il lavaggio frequente delle mani e l’evitare il contatto ravvicinato con individui infetti. In contesti di emergenza sanitaria o in presenza di casi confermati, può essere indicata la profilassi antibiotica per le persone esposte al batterio, al fine di prevenire lo sviluppo della malattia.

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Patologia infettiva esantematica provocata da un virus del genere Morbillivirus.

Modalità di trasmissione
Il morbillo è altamente contagioso e si diffonde tramite via aerea e contatti ravvicinati con persone infette. La malattia è contagiosa da 4 giorni prima a 4 giorni dopo la comparsa dell’eruzione cutanea.

Segni e sintomi
Il periodo di incubazione varia da 7 a 18 giorni.
I primi sintomi che si manifestano sono simili a quelli di un raffreddore, tosse, rinorrea, congiuntivite, associati a malessere e febbre, a cui seguirà, dopo 2-4 giorni, la comparsa dell’esantema prima su viso e collo e successivamente su tutto il resto del corpo., risolvendosi, in genere, entro una settimana.
Colpisce più frequentemente i bambini, ma può interessare anche gli adulti.

Trattamento e prevenzione
Non c’è un trattamento specifico per il morbillo e la strategia più efficace è rappresentata da una preventiva vaccinazione.
Il vaccino, altamente efficace, è obbligatorio e viene somministrato attivamente dopo il compimento del primo anno di vita in combinazione con il vaccino contro la parotite, la rosolia e, eventualmente, la varicella. 
L’esposizione al morbillo non è una controindicazione alla vaccinazione, al contrario, è efficace nella profilassi post-esposizione se somministrato entro 72 ore dall’esposizione.

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Malattia infettiva, causata da un virus appartenente al gruppo dei Paramyxovirus, che consiste in una tumefazione delle ghiandole salivari, in particolare, delle ghiandole parotidi, le quali trovandosi al di sotto delle orecchie e dietro la mandibola, gonfiandosi conferiscono al volto l’aspetto caratteristico per il quale la malattia prende il nome popolare di “orecchioni”.

Modalità di trasmissione
L’infezione si trasmette, da persona a persona, per via aerea, con goccioline presenti nell’aria dal malato dopo tosse o starnuti, o con il contatto diretto delle secrezioni nasofaringee. La contagiosità è nei 6 giorni precedenti la comparsa dei sintomi e per i 9 giorni successivi. Un’infezione pregressa garantisce un’immunità permanente.

Segni e sintomi
Il segno più evidente è il rigonfiamento delle ghiandole parotidi, con dolore durante la masticazione e la deglutizione, cui si associano febbre e malessere generale. 
Nei bambini la malattia si risolve in pochi giorni nella maggior parte dei casi. Tra le complicazioni descritte vi sono encefaliti (0,02-0,3%), meningiti (0,5-15%), pancreatite (4%) e danni all’udito. Nei bambini, in 5 casi ogni 100.000 di malattia, la parotite causa perdita dell’udito: questa infezione rappresenta infatti la principale causa di sordità neurosensoriale infantile acquisita. L’encefalite porta raramente alla morte, ma si possono avere conseguenze permanenti come paralisi, epilessia, paralisi dei nervi facciali, stenosi acqueduttale e idrocefalia.
Negli adulti le complicanze sono più frequenti. Nel 20-30% dei maschi dopo la pubertà si ha l’insorgenza dell’orchite, una malattia infiammatoria molto dolorosa, caratterizzata dal gonfiore di uno o di entrambi i testicoli. Questa, sebbene raramente, può risolversi in un’atrofia testicolare con conseguente sterilità. L’ooforite e la mastite sono relativamente rare e in genere non hanno conseguenze durature.
Il contagio durante le prime 12 settimane di gravidanza è associato a un’alta percentuale di aborti spontanei (25%), ma non comporta il rischio di malformazioni del feto.

Trattamento e prevenzione
La diagnosi viene effettuata dal medico, e dovrebbe sempre essere confermata con appropriati esami di laboratorio, che consistono soprattutto nella ricerca nel sangue di anticorpi specifici diretti contro il virus.
La terapia è sintomatica e consiste nella somministrazione di analgesici, per il trattamento del dolore causato dall’infiammazione, e di antipiretici per controllare la febbre. Una dieta semiliquida può aiutare ad alleviare il dolore associato alla masticazione.

Vaccinazione
Oltre al rispetto delle buone norme igieniche, l’arma migliore contro la malattia è la vaccinazione. Il vaccino contiene virus vivi attenuati, cioè modificati in modo da renderli innocui, ma capaci di stimolare le difese naturali dell'organismo.
Il vaccino viene somministrato in due dosi, a una distanza di almeno 28 giorni l’una dall’altra. Secondo il calendario vaccinale italiano, nei bambini la prima dose viene effettuata a partire dai 12 mesi compiuti e comunque entro i 15 mesi d'età. La seconda viene attualmente eseguita a 5-6 anni, contemporaneamente al richiamo di vaccino Dtap (difterite-tetano-pertosse acellulare).
Come per tutti i vaccini vivi attenuati, la vaccinazione non viene praticata negli individui con deficit immunitario o in terapia immunosoppressiva (corticosteroidi, farmaci antitumorali o antirigetto), nelle donne in gravidanza o che desiderano esserlo nel mese successivo alla vaccinazione. Inoltre, non devono essere vaccinate le persone che abbiano già avuto reazioni allergiche gravi a questi vaccini o ai loro costituenti (gelatina e neomicina).
Il vaccino induce la comparsa di anticorpi specifici in più del 95% dei vaccinati e conferisce un’immunità duratura nel tempo. È disponibile in forma trivalente, cioè associata con i vaccini antimorbillo e antirosolia (Mpr).
Effetti collaterali attribuiti al vaccino contro la parotite sono rari. Sono state registrate lievi infiammazioni nel punto dell’iniezione, modeste eruzioni cutanee (1 bambino su 20), febbre da lieve a moderata (5-15%), ingrossamento dei linfonodi, gonfiore delle articolazioni, tumefazione delle parotidi (1-2%). Queste reazioni si verificano in genere da 5 a 12 giorni dopo la vaccinazione e possono durare qualche giorno. Molti bambini sono già protetti dopo la prima dose, perciò le reazioni sono 10-20 volte meno frequenti quando si effettua la dose di richiamo. In 3 bambini ogni 10 mila si possono osservare convulsioni febbrili. Molto più raramente (3 bambini ogni 100 mila) si può avere riduzione delle piastrine nel sangue (trombocitopenia), con possibili emorragie di lieve entità e durata. Eccezionalmente (meno di 1 caso su 1 milione), si possono avere reazioni allergiche di tipo anafilattico con gonfiore della bocca, difficoltà del respiro, pressione bassa e shock.

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La pertosse è un'infezione batterica altamente contagiosa causata dal batterio Bordetella pertussis, che colpisce principalmente i bambini sotto i 5 anni.

Modalità di trasmissione
L'uomo è l'unico serbatoio noto, quindi la trasmissione avviene solo tra esseri umani. La malattia non conferisce un'immunità permanente.
La pertosse è diffusa in tutto il mondo, ma è diventata rara nei Paesi con vaccinazione infantile generalizzata. In Italia, la pertosse è obbligatoriamente notificata alle autorità sanitarie.

Segni e sintomi
Il periodo di incubazione è di circa 10 giorni.
La pertosse è altamente contagiosa, soprattutto all'inizio, e il contagio avviene per via aerea. Il batterio causa infezioni respiratorie, manifestandosi con una tosse persistente che dura più di tre settimane. Inizialmente si presenta con una tosse lieve, febbre lieve e copiose secrezioni nasali, diventando progressivamente più intensa e associandosi a difficoltà respiratorie. Nei bambini piccoli può causare sovrainfezioni batteriche come otiti, polmoniti, bronchiti ed encefaliti. Nei neonati e nei bambini sotto l'anno di età può essere molto grave, fino a risultare fatale.

Trattamento e prevenzione
La terapia può essere sintomatologica e antibiotica; se presa all'inizio, riduce il tempo di contagiosità e la durata della malattia.
La vaccinazione è la strategia di prevenzione più efficace.

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Malattia batterica invasiva causata dallo “Streptococcus pneumoniae” che rappresenta una delle principali cause di morbilità e mortalità a livello globale. Lo pneumococco può provocare diverse infezioni gravi, tra cui polmonite, meningite, e sepsi, specialmente nei neonati, negli anziani e nelle persone con un sistema immunitario compromesso. 

Modalità di trasmissione 
Si trasmette principalmente attraverso le goccioline di saliva o muco emesse dalle vie respiratorie superiori di una persona infetta o portatrice sana. Tosse, starnuti e contatti ravvicinati favoriscono la diffusione del batterio, particolarmente in ambienti chiusi o affollati. È comune che bambini piccoli siano portatori asintomatici, contribuendo alla trasmissione del patogeno. Il rischio di infezione aumenta in presenza di condizioni preesistenti come malattie respiratorie croniche, diabete o immunodeficienza. 

Segni e sintomi 
Le malattie invasive causate da pneumococco possono manifestarsi in diverse forme cliniche, a seconda dell'organo colpito. Le manifestazioni più comuni includono:

  • Polmonite, con febbre alta, tosse, dolore toracico, difficoltà respiratorie e produzione di espettorato; 
  • Meningite, con febbre, mal di testa, rigidità del collo, nausea, vomito e alterazioni dello stato mentale; 
  • Sepsi che può provocare febbre, brividi, tachicardia, ipotensione e insufficienza multiorgano, che richiedono un trattamento medico urgente, poiché l’infezione può progredire rapidamente, portando a complicanze severe fino alla morte.

Trattamento 
Il trattamento delle infezioni da pneumococco si basa sulla somministrazione di antibiotici: tuttavia, la crescente resistenza agli antibiotici rappresenta una sfida crescente per il trattamento, rendendo necessaria l’esecuzione di test di sensibilità per determinare la terapia più efficace. Nei casi di meningite o sepsi, può essere richiesto il ricovero in terapia intensiva per il monitoraggio e il supporto delle funzioni vitali. La tempestività della diagnosi e del trattamento è cruciale per ridurre la mortalità e limitare le complicanze a lungo termine. 

Prevenzione 
La prevenzione della malattia invasiva da pneumococco si basa principalmente sulla vaccinazione.

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È una malattia infettiva acuta esantematica, causata da un virus a Rna del genere Rubivirus, della famiglia dei Togaviridae. Si manifesta con un’eruzione cutanea simile a quelle del morbillo o della scarlattina. Potrebbe essere pericolosa se contratta durante la gravidanza perché può portare ad aborto spontaneo, morte intrauterina del feto, o gravi anomalie congenite.

Modalità di trasmissione
Si trasmette per via aerea attraverso goccioline respiratorie, tramite tosse o starnuti, diffuse nell’aria dal malato, o il contatto diretto con le secrezioni nasofaringee. Le persone infette sono generalmente contagiose da 7 giorni prima a 7 giorni dopo la comparsa dell’esantema, ma il virus può essere presente nelle secrezioni del nasofaringe fino a 14 giorni dopo l’inizio dell’esantema. La massima contagiosità è da 1 a 5 giorni dopo l’esordio dell’esantema. 
C’è possibilità anche di una trasmissione verticale (madre- bambino durante la gravidanza), in cui i neonati con la sindrome della rosolia congenita possono trasmettere l’infezione per diversi mesi, fino a un anno dopo la nascita.

Segni e sintomi
Il periodo di incubazione va dai 12 ai 23 giorni. 
La rosolia può essere asintomatica (o paucisintomatica) nel 20-50% o mostrare sintomi, quali: febbre (<39.0ºC), malessere, lieve congiuntivite, esantema maculo-papulare, ingrossamento dei linfonodi, in genere, 5-10 giorni prima della comparsa dell’esantema. 
L’esantema di solito parte dal viso e nell’arco di 24 ore si diffonde al resto del corpo, perdurando per circa 1-3 giorni. 

Trattamento e prevenzione
Non esiste una terapia farmacologica specifica per la rosolia, c’è l’utilizzo solo di farmaci per il trattamento dei sintomi o eventuali sovrainfezioni batteriche.
La rosolia è prevenibile attraverso la vaccinazione con il vaccino vivo attenuato somministrato con morbillo e parotite (vaccino MPR). Le donne in età fertile dovrebbero essere a conoscenza del proprio stato immunitario verso la rosolia verificando le IgG specifiche (rubeotest); nel caso di negatività dovrebbero vaccinarsi almeno un mese prima di un’eventuale gravidanza.

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Il tetano è un'infezione acuta non contagiosa causata dal batterio Clostridium tetani, un bacillo Gram-positivo anaerobio (che cresce in assenza di ossigeno).

Modalità di trasmissione
Il batterio è normalmente presente nell'intestino degli animali (bovini, equini, ovini) e nell'intestino umano, ed è eliminato con le feci. Si trova sia in una forma vegetativa, che produce una tossina neurotossica responsabile dei sintomi clinici della malattia e letale per l'uomo, sia sotto forma di spore, capaci di sopravvivere per anni contaminando polvere e terra che possono penetrare nelle ferite attraverso oggetti contaminati.
Il batterio non invade i tessuti, ma la tossina raggiunge il sistema nervoso centrale attraverso il sangue e il sistema linfatico, interferendo con il rilascio di neurotrasmettitori che regolano la muscolatura, causando contrazioni e spasmi diffusi.

Segni e sintomi
Il periodo di incubazione varia dai 3 ai 21 giorni.
Le contrazioni muscolari causano dolore e di solito iniziano dalla testa, scendendo verso il tronco e gli arti. Un sintomo iniziale distintivo è il trisma (contrattura del muscolo massetere) che conferisce al volto un aspetto caratteristico detto "riso sardonico", seguito da rigidità del collo, difficoltà di deglutizione e rigidità dei muscoli addominali. Possono anche essere presenti febbre, sudorazione e tachicardia.

Trattamento e prevenzione
La malattia non richiede l'isolamento del paziente poiché non è contagiosa. Il trattamento si basa sulla somministrazione di immunoglobuline umane, la pulizia accurata della ferita infetta e l'antibioticoterapia per impedire la produzione di nuove tossine. La terapia per gli spasmi è sintomatica.
La vaccinazione rimane la strategia di prevenzione più efficace, anche per chi ha già contratto la malattia poiché questa non conferisce immunità.

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Malattia infettiva altamente contagiosa provocata dal virus Varicella zoster (Vzv), appartenente alla famiglia degli Herpes virus. Con rosolia, morbillo, pertosse e parotite, la varicella è annoverata fra le malattie contagiose dell’infanzia, che nella maggioranza dei casi colpiscono i bambini tra i 5 e i 10 anni.

Modalità di trasmissione
La trasmissione da persona a persona avviene per via aerea mediante le goccioline respiratorie diffuse nell’aria quando una persona affetta tossisce o starnutisce, o tramite contatto diretto con la lesione. La contagiosità inizia da 1 o 2 giorni prima della comparsa dell’eruzione e può durare fino alla comparsa delle croste.
Durante la gravidanza, il virus può essere trasmesso anche verticalmente al bambino attraverso la placenta.

Segni e sintomi
Il periodo di incubazione va dalle 2 alle 3 settimane.
La malattia esordisce con febbre non elevata e lievi sintomi generali, come malessere e mal di testa ed un esantema cutaneo con piccole papule rosa pruriginose che compaiono su testa, tronco, viso e arti. Le papule, successivamente, evolvono in vescicole, poi in pustole ed infine in croste granulari, destinate a cadere. 
L’infezione dà un’immunità permanente in quasi tutte le persone immunocompetenti; tuttavia, il virus non viene eliminato dall’organismo, ma rimane latente nei gangli delle radici nervose spinali e può risvegliarsi dopo anni o decenni dando luogo all’herpes zoster, noto comunemente come “Fuoco di Sant’Antonio”. 

Trattamento e prevenzione
La terapia è solo sintomatica, no con salicilati (aspirina), perché questo aumenta il rischio di sindrome di Reye. È presente la vaccinazione come strumento di prevenzione.

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